Laura Silvestri
La Battaglia del Monte Subasio di Mario Piselli
La Battaglia del Monte Subasio di Mario Piselli - (copertina di Michele Scarpone)
Per sconfiggere il drago Bythos e riportare la pace sulla terra, la Chiesa di Roma ha deciso di mettere in campo tutte le sue risorse.
È necessario risvegliare la fede sopita e si deve fare appello anche ai grandi predicatori.
Una squadra inedita messa insieme dai leader alleati parte alla volta di Assisi per convincere un noto Frate Francescano ad abbracciare la santa causa.
Ma gli eroi di turno scopriranno presto a loro spese che il malefico drago e i suoi adepti li hanno preceduti e il Sacro Convento diventerà teatro di uno scontro serrato senza esclusione di colpi.
Quali ancestrali e misteriose forze invisibili si danno battaglia alle pendici del Monte Subasio?
Chi riuscirà ad arruolare fra le sue file Padre Eliano, l’unico predicatore che riesce ancora a smuovere masse oceaniche di fedeli?
Scheda
Titolo: La Battaglia del Monte Subasio
Autore: Mario Piselli
Introduzione: Michele Pinto
Lato B: Lungo le rive del Tevere di Laura Silvestri
ISBN: 978-88-99147-60-0
Formato: epub, mobi e pdf
Prezzo: 1,99€ (0,99€ fino al 30 dicembre 2017)
Lunghezza a stampa: 98 pagine
Genere: 3000 aUc
Recensioni: Anobii, Goodreads, Bookville, Booklikes
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Disponibile anche cartaceo su Lulu a 7,99€ (+ imposte, + spedizione)
Un nuovo Inizio
di Laura Silvestri
Marie non ricordava da quanto tempo non si sentisse così nervosa ma, per certo, poteva dire quanto a lungo avesse aspettato quella serata: centoquarantatre anni, mese più, mese meno. Quello era il tempo passato da quando aveva perduto, ormai due incarnazioni prima, il suo caro Ludovico. Erano stati sposati per quasi cinque decadi, allora, e il pensiero di stare finalmente per riabbracciarlo le faceva palpitare il cuore come aveva dimenticato potesse accadere. Mentre lo attendeva, seduta al tavolo di un piccolo caffè nel cuore di Londra, Marie osservava il proprio riflesso nella vetrina: chissà se gli… no, si corresse, chissà se le sarebbe piaciuta ancora? Adesso il suo Ludovico era una donna, una giovane di nome Ronda Westerling, da poco trasferitasi per inseguire la propria carriera di cantante. Ma anche Marie era cambiata molto da quanto si erano veduti l’ultima volta. Il fatto che due settimane prima, quando lei e Ludovico erano riusciti a ritrovarsi tramite uno dei tanti software per la riunione inter-vita, avessero concordato nel non inviarsi reciproche immagini, la rendeva adesso ancora più inquieta. Passò una mano sulla testa parzialmente rasata secondo l’ultima moda, dove cortissimi capelli tinti di viola disegnavano un intrico di fiori e foglie d’edera. A Shelly, la partner della sua incarnazione attuale, i suoi capelli piacevano molto: diceva che rispecchiassero il suo animo, ma, del resto, la sua fidanzata era una persona speciale. Tuttavia, per quanto felice la rendesse, era cosa nota come la monogamia alla lunga finisse per stancare, e a Marie non dispiaceva la possibilità di ritrovare un così grande amore in Ronda. Anche sua madre era stata molto soddisfatta nell’udire la notizia: da troppo tempo le rimproverava quella assai poco moderna morigeratezza sentimentale. La ragazza sperava soltanto che, a prescindere da quale aspetto il suo caro Ludovico potesse avere ora, il suo cuore non fosse troppo cambiato da quando era un omone calvo e barbuto, pronto alla risata e con luminosi occhi gentili. Una ragazza dalla pelle bruna le passò davanti senza fermarsi, andando a sedere al tavolo libero dietro il suo e Marie, quasi senza accorgersene, si trovò a sistemare meglio, in bella vista, la rosa bianca che aveva portato con sé perché Ronda potesse riconoscerla. Erano già le 21.40: la misteriosa ragazza era in ritardo di dieci minuti. “E pensare che Ludovico era puntuale fino all’eccesso”, commentò fra sé e sé. Erano i rischi della ricongiunzione: le persone che si incontravano di nuovo avevano molti ricordi da condividere, e spesso finivano per innamorarsi ancora una volta… ma non era sempre così. Poteva capitare che, da una vita all’altra, i cambiamenti fossero tanto drastici da impedire un nuovo, sincero coinvolgimento emotivo, ma capitava davvero di rado. “Figurarsi se, con la mia fortuna, il mio non debba diventare proprio quel caso su mille!”, pensò, scuotendo il capo. Bevve un altro sorso dalla sua spremuta d’arancia, tirando un profondo sospiro. Lo scampanellare che annunciava l’apertura della porta del locale la fece sussultare per un momento. Marie si costrinse a non caricare ogni istante di aspettativa, o di lì alla fine di quella serata avrebbe collezionato più delusioni di quante una persona ne potesse sopportare. Tuttavia, quando una giovane donna si fermò proprio davanti a lei, stringendo fra le mani una rosa bianca, Marie non poté trattenere un sorriso. Lentamente, alzò lo sguardo fino al volto che sperava avrebbe potuto ritagliarsi uno spazio nella sua vita e, non appena i suoi occhi incrociarono quelli della nuova arrivata, il sorriso si fece più ampio: Ronda, se davvero di lei si trattava, aveva splendidi occhi verdi, grandi e dall’espressione amichevole, capelli tinti del medesimo colore, e un grazioso viso dai lineamenti regolari. “È bellissima”, si trovò a pensare sentendo il cuore mancarle un battito, mentre la donna, prossima forse alla trentina, si sistemava con un velo di civetteria una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
- Marie? – la sentì dire con voce quieta e profonda. Al suo annuire, le labbra carnose sorrisero a loro volta – Posso… posso chiamarti Adele? – continuò con un caldo accento statunitense.
- Ma certo. – Adele era il nome che Marie aveva avuto quando erano stati marito e moglie, e sentirlo pronunciare ancora le diede una strana, intima sensazione. La risonanza, nota a qualunque persona sulla terra che avesse avuto la fortuna di ritrovare un affetto perduto. – Prego, siedi con me, mia cara.
Avrebbe voluto abbracciarla subito, ma non sarebbe stato molto elegante. L’etichetta relativa alle ricongiunzioni era severa, e Marie si sarebbe sforzata di seguirla alla lettera. Ronda, dal canto suo, sembrava molto più a suo agio di lei. Si accomodò accavallando le lunghe gambe fasciate in calze dalle righe multicolori, e prese a giocare con un boccolo verde che le ricadeva al lato della guancia. Sembrava piuttosto attenta all’estetica, in quella nuova incarnazione, e la cosa per un momento la disorientò, ma si sforzò di non pensarci e fece un cenno al cameriere perché si accostasse al loro tavolo: sapeva che quello avrebbe potuto diventare un momento memorabile della sua incarnazione presente, se soltanto si fosse imposta un poco di autocontrollo. Stava per scoprire se l’amore per il suo adorato marito aveva potuto sopravvivere a quasi un secolo e mezzo di lontananza, e non c’era niente da temere. Forse Ronda non sarebbe stata identica al Ludovico che aveva conosciuto, né tantomeno avrebbe potuto farla sentire come la sua Shelly, ma questo lo avrebbe scoperto soltanto con il tempo. Per ora, Marie avrebbe dovuto mettere da parte l’insicurezza, e prepararsi ad abbracciare quella nuova opportunità che le si presentava per essere felice.
http://www.wizardsandblackholes.it/?q=ilpostulato
Il Postulato di Cleopatra Wilson di Laura Silvestri
Il Postulato di Cleopatra Wilson di Laura Silvestri - (copertina di Michele Scarpone)
Il postulato di Cleopatra Wilson è l’assunzione scientifica che, in un futuro remoto, spiega come ogni essere umano si reincarni ciclicamente. In una società divenuta ormai pacifica e compassionevole, dove ciascuno ricorda le proprie vite passate e crede nella religione globale che inneggia all’amore, la Dottoressa Sheol “Godiva” Phillips si trova davanti all’unico evento inatteso che la terra non sembra pronta ad affrontare: l’arrivo di un adolescente alla sua prima incarnazione. L’anima “nuova di zecca” di Noah Saito farà vacillare nella scienziata non soltanto il proprio credo scientifico, ma la fiducia stessa in quell’utopica umanità che il correre dei secoli ha faticosamente modellato.
Scheda
Titolo: Il Postulato di Cleopatra Wilson
Autore: Laura Silvestri
Introduzione: Massimo de Santo
Lato B: L'ipotesi e Piramidi di Teresa Regna
ISBN: 978-88-99147-58-7
Formato: epub, mobi e pdf
Prezzo: 1,99€ (0,99€ fino al 14 ottobre 2018)
Lunghezza a stampa: 76 pagine
Genere: Fantascienza
Recensioni: Anobii, Goodreads, Bookville, Booklikes
Text Trailers: Un nuovo inizio di Laura Silvestri
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Disponibile anche cartaceo su Lulu a 7,99€ (+ imposte, + spedizione)
Il Postulato di Cleopatra Wilson sarà presto disponibile anche con una cover speciale realizzata da Giorgio Bonacorsi in esclusiva sullo store di Nativi Digitali.
Come in un film
di Laura Silvestri
21 Aprile 2247
Con Roma, il tempo non è stato clemente: in un futuro non troppo remoto, la città eterna pare essere condannata all’eterno caos, all’eterna inadeguatezza. In uno sfrecciare di veicoli cromati in volo sull’asfalto magnetico, la bellezza della Capitale è ancora preda del traffico congestionato, del viavai di turisti distratti alla ricerca di scatti da pubblicare sulla neuro-rete, di pubblicità sempre più invadenti nella loro grafica tridimensionale che invitano all’acquisto dei vaccini anti-invecchiamento, mentre a ogni angolo manifesti inneggiano alla rielezione del Sindaco in carica. Ma in questa Roma di chiese ormai deserte e donne eternamente giovani alla ricerca di avventure, di monumenti trasformati in psichedeliche discoteche, di forze dell’ordine dai mezzi sempre più ristretti e fondi per la ricerca ancora drammaticamente bloccati, qualcosa di impensato accade.
È il tremillesimo compleanno di Roma, e la città non si aspetta il regalo che il destino ha in serbo per lei.
Senza preavviso, il fuoco è ovunque, liquido come il biondo Tevere. Era dai tempi della calata dei barbari che la sua gente non si trovava di fronte a una simile invasione, dalla seconda guerra mondiale che gli edifici storici non subivano tali bombardamenti. Ma non sono velivoli di qualche potenza internazionale a impedire ai romani di uscire di casa e a far temere loro per la propria vita: sono draghi. A dispetto di ogni logica e buon senso, a riprova di ogni scetticismo, basta scendere in strada per vedere come l’inferno abbia riversato dalle proprie viscere i suoi servi, fin nel cuore della città.
Nella notte ormai indistinguibile dal giorno, un uomo fugge e combatte per la propria vita. La sua divisa è quella di un poliziotto, ma l’addestramento che ha ricevuto non può salvarlo dal terrore che gli serra lo stomaco. “Corri, Erico. Corri”, si ripete, mentre la mente inizia a dubitare di se stessa. Non può credere a quel che gli sta accadendo. “So’ inseguito da un cavaliere co’ l’armatura, che me tira addosso palle de foco”. Il sudore gli cola a rivoli dai capelli umidi, sotto il casco-visore che pare dare soltanto informazioni sconnesse e senza senso. “Nun po’ esse.”, si ripete, mentre passa in rassegna il suo scarso armamentario. “Nun po’ esse”. Ma è così. Il cavaliere dall’armatura rossa lo fissa attraverso gli occhi di rubino del suo elmo, le sue parole cantilenanti lo incatenano al suolo. Ma l’istinto di sopravvivenza è forte, anche nel 2247, e il Colosseo in lontananza, coi suoi tortuosi cunicoli, sembra l’unico posto dove poter condurre quella battaglia per la vita ad armi pari.
Dalla posizione privilegiata di Castel Sant’Angelo, dove il Papa versa in un sonno febbricitante a un passo dalla morte, il Cardinale De Vries osserva dall’alto Roma bruciare. “Gente senza fede, questo è il castigo divino per la tua miscredenza.” La carità cristiana si consuma e arde assieme alla città eterna, al ricordo di parole sacre che si perdono riecheggiando lungo navate vuote, svanendo nel profumo antico d’incenso. “Il popolo ritroverà la fede, riscoprirà il valore della Provvidenza e del perdono davanti al Diavolo che sferra la sua offensiva. È la fine del mondo.” La croce al collo del Cardinale non c’è più, e il suo volto è una maschera d’odio e morte, mentre una voce nell’anima lo guida verso il più abominevole dei buoni propositi. “È il tempo dell’ultima crociata. Il tempo dell’Armageddon”.
Un ragazzo corre, i piedi leggeri e lo stomaco dolorosamente vuoto: l’istinto di conservazione lo porta a violare la rete informatica alla ricerca di cibo per sfamarsi, mentre un peso amaro gli schiaccia il petto. Sa che non ci sarà nessuno ad attenderlo a casa, semmai dovesse fare ritorno. Ha visto sua madre bruciare, e la sua migliore amica, di soli diciassette anni, stuprata a morte da un essere abominevole, una furia animale dalla testa di toro. Per le strade, mentre corre, macchine rovesciate e vetri infranti, e ovunque carcasse annerite sui quali i necro-nebulizzatori, gli spazzini di cadaveri, non fanno in tempo a svolgere il proprio lavoro. Dappertutto lacrime, sangue e puzza rivoltante di morte. Come in un film, i suoi occhi scorgono guerrieri in armatura che si scontrano con le forze dell’esercito, centauri e minotauri contro veicoli corazzati, incantesimi di elfi contro le sfere soporifere antisommossa… e nessuno che pensi alla gente rinchiusa negli scantinati. Nessuno che provveda a chi muore di fame e di paura. Il cibo che il ragazzo si procura ha il sapore del fiele, ma un essere insignificante come lui è piccolo abbastanza da non dare nell’occhio mentre si nasconde, e finisce per rubare ben più di un pasto: Zefiro ruba segreti. Segreti che potrebbero salvare la sua gente e la sua sofferente città.
Al Campidoglio, il sindaco de Bonis cammina avanti e indietro come un leone rinchiuso in gabbia… una gabbia dorata, che potrebbe perdere a breve. Le dannate elezioni sono alle porte, e la città sta vivendo il peggior periodo che la storia ricordi negli ultimi tre secoli. “Perché queste rogne devono capitare proprio a me?”, si domanda, mentre si accende l’ennesima sigaretta che i polmoni nuovi di zecca non apprezzeranno. Ma che gli importa? Ha tutti i soldi che gli servono per procurarsene un terzo paio, se gli saranno necessari. Intanto, il gusto amaro del tabacco sembra perfetto per sposarsi con l’acidità nel suo stomaco. L’intercettazione sbagliata, e ogni sua possibilità di essere rieletto svanirà, bruciando insieme a quella stupida città. Venderebbe fino all’ultimo uomo, se soltanto potesse servire a garantirgli un futuro su quella maledetta poltrona, ma non è così. Chiunque sia il nemico che li sta attaccando, non è manipolabile, non è corrompibile. In altre parole, è il suo peggior incubo divenuto realtà.
E intanto la guerra continua, fra ostaggi catturati da entrambe le parti e perdite troppo ingenti da contare. Una giovane linguista, alla ricerca di un modo per comunicare con il nemico ormai fuori controllo, si trova prigioniera di un gruppo di aggressori capitanato da un uomo enigmatico e severo. Il coraggio diventa una merce rara, di fronte alle fauci spalancate di un drago, ma la posta in gioco è alta, e gli occhi scuri del suo rapitore parlano di una storia spietata e al contempo impensabilmente umana. Marta non può sapere come finirà quella sua avventura al campo nemico, sullo sfondo delle rovine di Ostia Antica e del mare solcato dalla flotta di navi nemiche, ma il suo cuore è pronto a qualsiasi prova. Compresa quella più crudele: innamorarsi del proprio aguzzino.
E Marta non sarà l’unica, in un mescolarsi di rabbia e passione, ostilità e fiducia, dolore e piacere, a scoprire quanto l’animo umano possa essere mutevole e traditore: in un infittirsi di trame oscure, nel contrapporsi della furia della vita al fascino carezzevole della morte, la gente di Roma troverà il modo di far fronte a una delle pagine più crude e impreviste della sua sanguinosa storia.
Questo è l’incubo, sospeso tra fantasia e realtà, che attende la città eterna nel suo tremillesimo compleanno.
Questa è la storia che ha inizio nell’anno 3000 ab Urbe condita.
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Figlia delle ombre
di Laura Silvestri
Karga sorrideva appena, mentre le dita muovevano con agilità i fili nel telaio, e cantava fra sé e sé, con un filo di voce, una vecchia ninna nanna. Aveva bisogno di fare pratica, del resto: il ventre teso e gonfio, che le rendeva difficile piegarsi troppo a valutare la bontà dell’ordito, le diceva che non mancava molto alla nascita di sua figlia. Sarebbe stata una bambina, questo già lo sapeva, come pure sapeva molte altre cose della piccola che presto avrebbe stretto fra le braccia: che non sarebbe stata del tutto umana, e che, crescendo, avrebbe scoperto di possedere talenti come le altre donne avrebbero potuto soltanto invidiarle. Le era costata cara, quella figlia. Per averla, aveva sacrificato più di quanto donna avesse mai fatto pur di avere un bambino da stringere al seno, ma Karga non era pentita. L’ordine di sacerdotesse delle quale faceva parte stava ormai declinando. I loro numeri erano sempre più esigui, e le giovani fanciulle che desideravano far parte della Sorellanza di Torosian ogni anno più rare. L’Ordine aveva bisogno di nuove forze, per portare avanti la propria crociata… e Karga non si era tirata indietro. Era passata poco più di una luna da quando aveva chiamato a sé l’essere il cui nome faticava ancora a pronunciare. L’aveva evocato con fumi sacri d’incenso e simboli arcani, aveva cantilenato all’inverso la litania che le sue Consorelle usavano per esorcizzare e scacciare creature di quella fatta, e gli aveva comandato di ascoltarla. L’entità non si era mostrata, se non come un’ombra vaga, più densa e più nera di tutte le altre che le alte candele rosse avevano dipinto nella stanza dell’incantamento, e Karga sapeva che era stato meglio così: donne più forti di lei avevano perso la ragione per aver guardato negli occhi un simile orrore.
Quando, parlando alla sua mente, la creatura le aveva domandato perché l’avesse convocata, facendole correre un brivido animale lungo la schiena, Karga aveva risposto senza esitare. – Voglio una figlia.
– Puoi averla da qualsiasi uomo tu incontri per strada. – l’essere aveva sussurrato ancora, il suo scherno duro e agghiacciante come il suono di uno specchio infranto. Ma lei non aveva desistito.
– No. Non posso. – aveva ribattuto. – Non come la desidero io. Voglio una figlia che possa succedermi, e il cui sangue possa renderla incline alla Via Arcana. E che sia forte, e capace di portare avanti l’Ordine.
Per un istante, le ombre nere e liquide che Karga si sforzava di guardare con la sola coda dell’occhio avevano tremato. – Ti rendi conto che mi stai chiedendo di darti qualcosa che col tempo sarà nemica della mia genia? Hai idea di quanto potrà costarti l’esaudirsi di una simile richiesta? – la voce aveva sibilato ancora, sottile e velenosa come quella di un serpente.
– Sono pronta a pagarlo. – la sacerdotessa aveva risposto, col cuore che le batteva come impazzito nel petto. – Non mi importa cosa sarà di me, o della mia anima, dopo la nascita di mia figlia. Ma lei dovrà essere perfetta, la più magnifica creatura che abbia mai indossato le insegne di Torosian.
– Sai anche che concepirla non sarà piacevole, per te, non è vero?
Dire che non fosse stato piacevole, sarebbe stato il più lusinghiero degli eufemismi. Ma Karga aveva sopportato ogni cosa: l’orrore, il dolore, la paura. E adesso, una luna dopo, il suo ventre era pieno di quella vita che tanto a lungo aveva desiderato. Le Consorelle non avrebbero mai dovuto sapere, naturalmente. Se avessero anche soltanto immaginato in che modo lei avesse ottenuto una tale bambina, facendo un patto di sangue con uno degli esseri che l’Ordine combatteva e scacciava da secoli, non ci sarebbe stata alcuna possibilità per lei o per sua figlia di rimanere fra le schiere delle Sacerdotesse, e a quel punto ogni cosa sarebbe stata vana. Ma l’accordo con la creatura prevedeva che sua figlia apparisse in tutto e per tutto una bambina umana, impossibile da identificare nella propria diversità anche alla più esperta delle matrone. Karga era stata lontana dal tempio per già due lune, e vi sarebbe rimasta ancora a lungo, fintanto che non le fosse stato possibile giustificare il ritorno con la sua bambina secondo tempi che suonassero concordi ai ritmi della natura. Intanto, la piccola continuava a scalciare, mentre sua madre tesseva per lei la prima coperta che l’avrebbe avvolta. Se l’istinto era nel giusto, come quasi sempre accadeva nelle donne nella sua condizione, non le restava che una settimana, o forse due, prima di poterla cullare contro il seno. Doveva darsi da fare. Sulla fine lana bianca, i simboli neri del sole e della luna già spiccavano. Al di sotto di essi, Karga avrebbe ricamato rune protettive che vegliassero sulla bambina fino a che non avesse raggiunto l’età adulta. Di sicuro, se qualcuna delle altre Sacerdotesse avesse potuto sapere, non avrebbe compreso. Ma non aveva importanza: lei non aveva dubbi circa il fatto che sin dall’inizio del mondo le donne custodissero segreti per un bene più grande, e lei era soltanto una madre che cercava di assicurare un futuro alla propria figlia. Quell’ennesima bambina dal padre ignoto, tuttavia, avrebbe potuto significare molto: che il Circolo di Torosian approvasse o meno, la piccola che portava in grembo avrebbe potuto fare la differenza nella guerra per la salvezza del loro mondo.
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