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Se solo sapessi leggere i pensieri della gente
di Chiara Zanini
Némilie si ficcò le mani nelle tasche, lasciando vagare lo sguardo sulla marea di gente. Incredibile: uomini in frac e donne in abiti di seta si mescolavano a una folla di cenciosi, gomito a gomito l’uno con l’altro. Sembrava che l’intera Parìs si fosse raccolta nella piazza, ad ascoltare quel forsennato che tutto a un tratto era salito su una panchina e si era messo a sproloquiare contro il re. Strano solo che lo lasciassero parlare, e che in giro non ci fosse nessun gendarme a tirarlo giù da quel palco improvvisato per appenderlo a una forca.
Fece spallucce, smise di ascoltare: aveva ben altro per la testa. Allungò il collo, per vedere dove si era cacciato Davronche, e ridacchiò tra sé quando lo intercettò, a pochi passi di distanza, mentre adocchiava la borsetta di raso di una riccona, che seguiva il discorso dell’oratore annuendo con tanta enfasi da far ballonzolare su e giù la pappagorgia.
Némilie si raschiò la gola per catturare l’attenzione del suo amico e gli fece un cenno con due dita, indicando un uomo in redingote che era giusto davanti a lei e le dava le spalle: con gli spilloni d’oro con cui teneva ferma la cravatta, che aveva intravisto quando il tizio si era girato a osservare la folla, avrebbero campato per decenni. “Ecco il nostro pollo” pensò, sorridendo tra sé quando intuì che Davronche aveva capito al volo le sue intenzioni.
Fu lui a partire per primo. – Signore? Può dirmi, per favore, chi è quel tipo? – domandò all’uomo con l’aria più innocente del suo repertorio. Straordinario. Quando fingeva a quel modo, sarebbe stato capace di fregare anche sua madre. Se solo avesse saputo chi era.
– Si tratta di un contestatore del sovrano. Uno che non gradisce i metodi di governo del re – rispose la sua vittima.
Némilie prese un respiro per farsi forza. Si avvicinò all’uomo, fingendo di essere spintonata dalla calca. Fece scattare la mano santa.
Esultò dentro di sé, quando acchiappò entrambi i fermacravatta in un colpo solo.
Ma qualcosa andò storto. L’uomo ruotò su se stesso, l’afferrò per un braccio con tanta forza da strapparle un grido e le fece scattare una manetta intorno al polso.
“Oh cielo.” Per un istante, Némilie restò immobile, fissando raggelata il metallo lucido che le pendeva dal braccio.
Davronche s’intromise prima che l’uomo riuscisse a chiudere anche l’altra manetta. Gli pestò un piede con tanta foga da farlo muggire di dolore, la prese per mano e la strattonò via, facendola correre a perdifiato tra uno spettatore e l’altro.
Per San Dismà. Se non fosse stato per lui, sarebbe finita in una cella ancora prima di trovare il fiato per gridare.
Davronche la cacciò in un vicoletto secondario, la costrinse a correre rasente un muro, la spinse in una piazza che, all’opposto della precedente, era deserta. Si guardò un paio di volte dietro le spalle; dovette convincersi che l’uomo non li aveva inseguiti, perché rallentò il passo fino a fermarsi.
Per la miseria. Quello era un gendarme! – eruppe Némilie.
– Già. Travestito da nobile per non farsi scoprire – sibilò Davronche a denti stretti, afferrando le manette e scuotendole un paio di volte con aria contrariata. – Non si fa così, eh! Uno deve presentarsi, prima di arrestarti. No?
Per tutta risposta, Némilie sbuffò.
“Se solo sapessi leggere i pensieri della gente” pensò, “mi sarei accorta che quello lì era un poliziotto.”
Ma Némilie lo trovò, un modo per leggere i pensieri della gente.
Vuoi sapere come? Puoi scoprirlo qui: http://www.wizardsandblackholes.it/?q=orologiodellaverita
Libanesi
di Franky Kaone
L'interlocutore arrivò con la puntualità di un treno tedesco, ma non era ariano e neanche ferroviere, disse di essere nato e vissuto per molto tempo in Libano, ma i continui disordini politici di quel paese lo avevano spinto a trasferirsi in un posto più tranquillo. Era un signore di media età, magro, non molto alto, viso scavato, occhi scuri; il professor Fayman lo fece accomodare nel suo studio e quando si tolse il cappello apparve una testa lucida senza capelli. Fu il libanese, dopo i convenevoli di rito, ad introdurre l'argomento per cui aveva voluto quell'incontro.
- Forse le sono sembrato abbastanza ostinato nel richiedere con tanta caparbietà questo incontro, ma vedrà che troverà molto interessante la chiacchierata che andremo a fare.
Fayman ascoltava incuriosito.
- Mi dica allora come posso esserle utile.
- Bene! Veniamo al dunque! Ciò che sto per dire le suonerà strano, ma ho assolutamente bisogno della sua collaborazione, faccia attenzione a cosa accade in questa stanza, disse estraendo da una tasca della giacca qualcosa che sembrava un comune cellulare, mi dica cosa vede se guarda la parete alla sua destra?
- Il mio quadro preferito: il 'Cenacolo' di Leonardo da Vinci. È solo una banale copia, come lei certamente saprà, l'originale è stato dipinto su una parete del refettorio di Santa Maria delle Grazie, a Milano, per commissione del duca Ludovico il Moro, verso la fine del quindicesimo secolo.
- Splendida opera! Chi sono i commensali?
- Gesù ed i suoi apostoli.
- Lei sa che c'è chi sostiene che l'apostolo alla sinistra di Gesù non sia un uomo, ma che si tratti di Maria Maddalena?
- Si conosco la versione del 'Codice da Vinci', ma forse sono solo fantasie, chi può dirlo con certezza?
- Chiediamolo all'interessata.
- Sta scherzando?
- Guardi il quadro!
- Per favore! Non sarà mica venuto per farmi perdere tempo, guardi che il mio tempo è prezioso.
- Lei non può immaginare quanto lo sia di più il mio, guardi verso la parete!
Fayman girò svogliatamente la testa come a significare "ora ti accontento, ma poi chiudiamo qui".
Invece non poteva credere ai suoi occhi: davanti al quadro era comparsa, in carne ed ossa, la figura di una donna con lunghi capelli biondi e le stesse vesti riprodotte sul quadro. Fayman guardò il quadro, poi riguardò la donna, ed ancora il quadro: era la stessa immagine.
- Notevole! Esclamò. Credo che nel suo lavoro lei sia uno dei più bravi, ma io sono un fisico e faccio un lavoro completamente diverso, non vedo come posso esserle utile, ne come lei lo possa essere a me.
- Lasci che le spieghi! Mia moglie ha fatto recentemente una scoperta sensazionale, una cosa che potrebbe avere ripercussioni a livello universale. Ha scoperto come un raggio di luce può essere piegato.
- È un fatto che avviene in natura per effetto delle forze gravitazionali senza destare nessuna sensazionalità. Perché la scoperta di sua moglie sarebbe tanto sensazionale?
- Perché le distorsioni gravitazionali avvengono lontano da noi e non hanno effetti pratici sulla nostra vita, mentre la nostra invenzione può avere applicazioni pratiche sulla quotidianità.
- Ad esempio?
- Mi permetta una premessa. Sà cosa succede quando l'acqua trova un grosso ostacolo sul suo cammino? Succede che lo avvolge tutto intorno formando due flussi che si ricongiungono dietro. Se al posto dell'acqua mettiamo un fascio di luce e come ostacolo poniamo un particolare materiale capace di deflettere, badi bene non riflettere, la luce, quest'ultima si comporterà esattamente come l'acqua: avvolgerà l'ostacolo (che non si vedrà più) per illuminare ciò che si trova oltre (che sarà ciò che rimarrà visibile).
- Ma non esiste un tale materiale, tutto ciò che la luce incontra viene illuminato e reso visibile. È un processo irreversibile. È come quando uno scultore tira fuori dalla roccia l'immagine che vi era imprigionata, così la luce scolpisce la realtà, liberandola dal buio.
- Certo, secondo il senso comune del pensiero, ma chi può dire che sia veramente così, in fondo tutto è relativo! Tornando alla sua obiezione posso dirle che esiste un materiale capace di deflettere la luce. È un materiale costruibile in laboratorio e può essere spalmato come una comune vernice su qualsiasi oggetto rendendolo invisibile. Adesso guardi verso la parete a sinistra del quadro, vede qualcosa?
- Assolutamente niente, solo la parete.
- Guardi meglio. All'altezza delle teste dei commensali, dovrebbe individuare due minuscoli punti neri, sono i forellini del mantello invisibile attraverso i quali la mia collega può vederci. Ora si toglierà il mantello, e lei potrà vederla.
Così avvenne sotto gli occhi ormai rassegnati di Fayman.
- Salve, ci siamo già incontrati? Disse la donna, rivolgendosi al professore con un sorriso.
- Immagino più spesso di quanto non potessi credere! Vorrà scusarmi se non sapevo che era invisibile. Rispose Fayman con ironia.
- Vede questa specie di telecomando? Disse il libanese mostrando l'oggetto rettangolare che prima aveva estratto dalla tasca della giacca. Serve a deviare la luce quel tanto che basta a rendere invisibile il primo oggetto che incontra nella propria direzione. Guardi se io lo punto in direzione di quella parete e lo attivo, la parete scompare e lei può vedere cosa c'è oltre.
- Interessante! Ma, se queste sono vostre invenzioni, perché le mostrate a me e non alla comunità scientifica secondo le procedure di rito?
- Credo sia giunto il momento di farle un'altra rivelazione.
- Sentiamo.
- Non siamo libanesi.
- E... da dove venite allora?
- Da molto più lontano.
- Lontano quanto?
- Anni luce!
- Continua a scherzare?
- No! Ci guardi bene, le sembra uno scherzo?
Mentre l'interlocutore diceva questo i suoi occhi e quelli della compagna si illuminarono e divennero dolcissimi, i due volti avevano assunto dei lineamenti stupendi.
Fayman ebbe una fortissima emozione, poi svenne. Per lui "l'onda del tempo" era ancora una cosa inconcepibile!
Una strana pergamena
di Salvatore Di Sante
L'anziano professore inclinò leggermente il capo per soppesare la vastità del pubblico al di sopra delle minuscole lenti circolari. Osservando l'Aula Magna gremita non poté trattenere un sorrisetto compiaciuto, mentre si schiariva la voce con un colpo di tosse. Qualche flash saettava già e dalla penombra di un corridoio laterale, come un elefante dalla nebbia, emergeva la sagoma di un'imponente cinepresa.
Sul telo avvolgibile accanto alla cattedra dell'oratore apparve l'immagine ingigantita di una pergamena.
- Questa, esimi colleghi, è la sensazionale scoperta che la mia troupe - lisciandosi la barba indicò quattro uomini e due donne in camice bianco - ha rinvenuto una settimana fa nei pressi dell'antica Babilonia.
Un tenue brusio si levò dalla platea, mentre qualcuno dalle file più lontane si sporgeva o si aggiustava gli occhiali per ghermirne i dettagli.
- Si tratta di un diario, per così dire, scritto da Alessandro Magno, il grandissimo conquistatore che come saprete in soli dodici anni estese il suo dominio a tutto l'impero Persiano, dall'Asia Minore all'Egitto, fino agli attuali Pakistan, Afghanistan e India. L'idioma è il greco, vado a tradurre.
Si schiarì di nuovo la voce e attaccò: - Mentre mi accingevo a pianificare una spedizione contro i Cossei, gli Dei mi rapirono e mi condussero a un'isola su cui si ergeva un monte a forma di testa di scimmia. Dovetti affrontare nemici che mai vidi prima d'ora: creature soprannaturali malefiche, dalle sembianza umane ma dai corpi luminosi e cangianti. Sparavano saette di luce come Giove scaglia il fulmine. La mia lancia e il mio arco erano misera cosa e se mi fu concesso di far ritorno in patria e aver salva la vita fu solo grazie all'aiuto del Dio-Lupo che mi ha affiancato in battaglia. Anche se le ferite che ho riportato non mi lasciano molto tempo, temo.
La platea iniziò a farsi rumorosa, i più si scambiavano occhiate perplesse o incredule.
- Vi prego signori, fatemi finire. Il bello deve ancora arrivare - ammonì gesticolando il vegliardo. Calò un silenzio carico d'attesa.
- La datazione al carbonio-14 ha fornito risultati eclatanti. Sono state rilevate due diverse varianti dell'isotopo, una risalente al trecentoventitré avanti Cristo, l'anno appunto della morte di Alessandro, e l'altra risalente invece al millesettecentoventiquattro dopo Cristo. Sì, avete capito bene. Osservate - disse poi zumando sulla pergamena - Due sole parole non sono in lingua greca, ecco: Jake Robinson. È un pirata inglese vissuto nel diciottesimo secolo che, secondo la leggenda, fu il primo licantropo nella storia d'Europa. Vedete qui, questo passaggio: Alessandro lo cita come Il migliore. Lo stesso epiteto che ricorrerà nel suo testamento.
- Vuole dire che sarebbe questo Jake il successore indicato da Alessandro in punto di morte e che nessuno seppe riconoscere? E' per questo che il suo impero si è sfaldato? - vociò uno spilungone con gli occhiali tendendo il più possibile la mano col microfono.
- Ritengo inoltre - riprese il professore - che il mistero sulle cause della morte di Alessandro si infittisca ulteriormente: non più malaria o avvelenamento o pancreatite da abuso di alcol... Fece una pausa, rivolse un sorriso benevolo agli astanti abbracciandoli con un gesto, poi continuò in tono suadente: - Pazientate amici miei, se volete conoscere la verità non vi resta che leggere qui: http://www.wizardsandblackholes.it/?q=isignoridellacaccia