Storia di uno Scorpione
La spilla di Madama Lt'hk
di Michele Pinto
Balthasar non aveva le idee molto chiare su cosa fosse successo la sera prima, ma era certo fosse stata una serata memorabile. Non aveva idea di quante caraffe di Lykeòn avesse tracannato, nè perchè si fosse addormentato nello stanzino del suo ufficio anzichè a casa, ma ricordava perfettamente la mezzelfa con cui aveva concluso in bellezza la serata. Almeno, ne ricordava con precisione certi dettagli... ma non il nome, quello proprio non lo ricordava, ammesso che lo avesse mai saputo. Non che avesse importanza comunque.
Quello che importava invece era perchè Keria continuava a parlare. Non sapeva che lui la mattina presto, diciamo fino alle 11, non riceveva clienti?
- Madama Lt'hk è arrivata nel posto giusto - assicurò Keria - se solo avrà la cortesia di attendere qualche minuto l'investigatore sarà da lei.
- Il nostro appuntamento era 40 minuti fa - replicò una seconda voce, probabilmente madama Lt'hk pensò Balthasar. Ma come faceva Keira a pronunciare quei nomi della Nobile Stirpe...
Sentì una porta aprirsi e poi chiudersi. Tentò di capire cosa stesse succedendo quando una secchiata di acqua gelida lo svegliò completamente.
- Hai un minuto per renderti presentabile. Madama Lt'hk è di là che ti aspetta. Forse con questo lavoro finalmente potrai pagarmi gli stipendi arretrati. Sbrigati.
- Madama Litika benvenuta - esordì Balthasar una volta entrato nella stanza dove era atteso - questa è solo una, uhm, soluzione provvisoria - disse indicando la catapecchia cadente che si ostinava a chiamare ufficio - conto di trasferirmi nel Secondo Anello entro la prossima luna.
Il volto rubicondo di Madama Lt'hk si accigliò nel sentire il suo nome così storpiato, ma sapeva di aver bisogno di quell'uomo, sebbene non ispirasse alcuna fiducia nelle condizioni post sbornia in cui si trovava.
- Balthasar - rispose la nobildonna - è un piacere conoscerla. Lasciate che le presenti la mia dama di compagnia, malmoiselle Lucie.
Una giovane ragazza mora, occhi scuri, alta almeno un metro e 75 sorrise schiva a Balthasar risvegliando l'attenzione dell'uomo.
- Ma veniamo a noi - disse Madama Lt'hk interrompendo le fantasticherie di Balthasar - il mio nobile e ricco marito mi ha regalato una spilla con un rubino. Un oggetto del valore inestimabile che deve dimostrare il prestigio del mio consorte alla festa in onore del Triumviro che si terrà il mese prossimo.
- Mi congratulo con il gusto e lo stile in fatto di gemme di suo marito Madama Litika - rispose Balthasar - ma quale è il problema?
- Ecco, vede... il problema è che - riprese la nobildonna - non ce la faccio. Lucie, ti prego, ragguaglia tu il nostro investigatore.
- La spilla al momento non è più nella disponibilità di Madama Lt'hk - iniziò la voce suadente di Lucie - diciamo che i sospetti ricadono su un abituale ospite notturno di Madama. Un ospite che per forza di cose è molto discreto. Tanto discreto che dal giorno della sparizione della spilla non si è più fatto vedere.
- Lei vuole che io ritrovi la sua spilla? Non se ne parla - rispose Balthasar - questo genere di lavoro è troppo rischioso.
Il viso di Keria si scurì per la sorpresa e lo sconforto di veder sfumare la possibilità di incassare gli stipendi arretrati.
- Forse dovresti sentire l'importo della ricompensa offerta da Madama Lt'hk - disse Keria disperata - si tratta di 40.000 sesterzi.
- Ma che caldo qui dentro - disse Lucie - così non respiro.
Come si poteva aver caldo nel rigido inverno di Qadath era un mistero per Keria. Lucie imperterrita slacciò un paio di bottoni nella sua mise aderente.
- Così va meglio - disse la ragazza.
Balthasar infilò lo sguardo nell'abbondante scollatura di malmoiselle Lucie, soppesò la situazione e infine sentenziò: - Non meno di 60.000 sesterzi!
Keria tirò un sospiro di sollievo.
- Sono così contenta che lei abbia accettato! - disse Lucie - che emozione lavorare con un investigatore così famoso!
- Non possiamo chiudere a 50.000 sesterzi? - Chiese Madama Lt'hk.
- Forse per ritrovare la spilla forse avrà bisogno di perquisirmi - disse Lucie muovendo le mani sul proprio corpo dall'alto verso il basso, indugiando nei punti più interessanti.
- Daltronde 50.000 sesterzi non sono certo... - stava dicendo Balthasar a Madama Lt'hk con gli occhi ancora rivolti alla scollatura di Lucie quando una minacciosa fiamma che iniziò a librarsi nell'aria alle spalle della ragazza attirò la sua attenzione. Keria, con i suoi incantesimi di evocazione della fiamme sapeva come farlo ritornare in se.
- 60.000 sesterzi più le spese - disse. E strinse la mano alla nobildonna - firmi qui.
Storia di uno Scorpione
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Nient’altro che un oggetto
di Chiara Zanini
Restare immobile, stesa su quel pagliericcio fin troppo confortevole, le era diventato insopportabile. Così come alzarsi e camminare avanti e indietro, fermarsi e rimettersi seduta. Perfino fissare il soffitto della stanza che le avevano assegnato, troppo bianca e troppo vuota, era un tormento al di là delle sue forze.
“Se solo potessi stare un po’ fuori” pensò, cambiando per l’ennesima volta posizione sul giaciglio e tergendosi con il dorso di una mano il sudore che perfino un movimento così fiacco le aveva provocato. Prendere una boccata d’aria e vedere il cielo azzurro sarebbe stato un sollievo. Magari avrebbe potuto concedersi anche il lusso di una passeggiata, per osservare il via vai della gente, elfi, mezzelfi, padroni e schiavi…
Si tirò su di scatto, per quanto le consentiva la sua mole, stringendo le mani a pugno.
Lei non era una persona: era un oggetto. E se solo si fosse azzardata a mettere il naso fuori da lì, le persone che di sicuro la stavano cercando per tutta la città l’avrebbero beccata ancora prima che avesse completato la lunga scalinata in marmo bianco del Tempio.
Inspirò a fondo, cercando di calmarsi. Non era più padrona del proprio corpo; le bastava un nonnulla per farle battere il cuore così forte da rischiare di sfondarle il petto.
Le arrivò alle narici una zaffata dell’odore dell’infuso di silfio, che la calmò. Doveva resistere ancora per un poco. Appena pochi giorni, forse ore, e il suo tormento avrebbe avuto fine.
Si irrigidì quando sentì un paio di voci, nel corridoio di fianco alla sua stanza. Una era quella donna compassionevole che l’aveva accolta come una figlia. Ma l’altro…
Il terrore le ghiacciò ogni muscolo, tanto che non riuscì nemmeno a mettersi in piedi.
L’altro era un uomo.
Ed era venuto a prenderla.
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Un'ordinaria notte di lavoro
di Salvatore di Sante e Luca Pappalardo
Città di Qadath, Prima Capitale del Regno, Terzo Anello
- Ehi tu, sveglia! - Gordat assestò un calcio a un mendicante accovacciato nel vicolo maleodorante. - C'è il coprifuoco, non puoi stare qui! - berciò il mercenario.
Il vecchio piagnucolò tirandosi sulla testa il saio lacero e coprendosi il volto con le braccia ossute. Gordat imprecò e lo spinse a terra con lo stivale. Torylo gli sputò addosso e si ficcò in tasca i pochi oboli dell'elemosina.
- No, quelli no, vi prego - il vecchio sollevò il busto e protese le braccia verso il soldato che l'aveva derubato. I due ridendo ripresero la ronda come se niente fosse. Balthasar aveva osservato la scena un po' in disparte. Era in momenti come quelli che si ricordava perché far parte della Guardia Cittadina non fosse proprio un punto di forza del suo curriculum vitae. Un manipolo di canaglie che sotto l'egida dei Triumviri sfogavano la propria ferocia sui più deboli. Ma d'altronde era un lavoro pagato, e solo il Dio sapeva quanto le tasche di Balthasar fossero costantemente bucate.
Di certo però non era così che se l'era immaginata, quando si era arruolato. Al tempo in cui Qadath era all'apice del suo fulgore e il futuro non faceva paura, sembrava un lavoro tanto onesto quanto ben pagato. Quanto in fretta cambiano le cose.
- Guarda un po' chi abbiamo qui... - sentì dire a Torylo. Balthasar si accodò ai compagni e notò una figura esile che si tagliava sempre più nitidamente tra la polvere e i vapori che si alzavano dal selciato.
- Ciao bocconcino - berciò Gordat - che ci fai in giro a quest'ora tutta sola soletta?
Le fiamme delle torce appese lungo le abitazioni illuminarono un volto elfico di rara bellezza.
- Vengo dal Secondo Anello e devo portare una pozione medicamentosa a mio fratello che abita poco distante. - Parlava con voce sommessa, facendo saettare solo di tanto in tanto i penetranti occhi verdi sui volti dei tre soldati. Quando incrociò quello sguardo, Balthasar sentì muoverglisi qualcosa dentro. E per una volta, non solo dentro i pantaloni.
- Eh ma non si può. Durante il coprifuoco, dal tramonto all'alba, a nessuno è consentito gironzolare per il Terzo Anello. Mi spiace dolcezza, legge del Triumvirato. - sorrise beffardo Torylo spogliandola con lo sguardo.
- Devi pagare pegno, zuccherino - sibilò Gordat avvicinandosi e cercando di sfiorarle i capelli. La fanciulla si ritrasse con un balzo ma andò a sbattere sul corpaccione di Torylo che nel frattempo le si era portato alle spalle.
- Dai ragazzi, direi che per stasera ci siamo divertiti abbastanza... - si lasciò sfuggire Balthasar, ma senza troppa convinzione.
Torylo l'aveva immobilizzata cingendole il collo con un braccio e con l'altro le palpava brutalmente il seno. La giovane gridava e si dimenava e nella concitazione gli svolazzi della tunica rendevano il gioco ancora più eccitante.
- Tienila! - esclamò Gordat calandosi i pantaloni e afferrandola per i fianchi.
Balthasar osservò la propria mano muoversi verso la spada, ma un bagliore improvviso lo fermò.
Gordat gridava contorcendosi per terra con le mani sull'inguine; la ragazza con un balzo felino si era liberata dalla presa di Torylo che nel frattempo aveva sguainato la spada.
- E va bene. L'avete voluto voi. Volete scaldarvi un po'? - intimò la fanciulla plasmando un altro globo incandescente con rapidi e sapienti movimenti delle mani.
- Arti Arcane. Hai capito l'innocente fanciulla. - pensò Balthasar, che già simpatizzava con la fuorilegge.
L'Elfa scagliò la palla di fuoco contro Torylo, ma quello si abbassò prontamente, rimediando solo una leggera bruciatura all'orecchio.
- Adesso la paghi! - Nel frattempo l'altro si era rialzato e brandiva la sua mazza ferrata. La giovane tirò fuori dalla tasca un barattolino con una mosca.
- Sanĝoj formon batalanto (1) - recitò. In un cozzare di placche metalliche l'insetto si tramutò in una possente armatura dal cui pentolare fiammeggiavano due iridi rossastre. Il mostro ingaggiò battaglia con Gordat vibrando fendenti sovrumani, ma era molto lento e la sua scimitarra andava sempre a vuoto. Stanco di schivare Gordat cercò di parare il colpo ma non fu un'idea brillante: lo scudo andò in frantumi in una miriade di schegge e la forza d'urto lo scaraventò a terra, facendogli perdere conoscenza.
Balthasar seguiva la scena senza intervenire, incerto su come sentirsi. Nel frattempo Torylo era scampato a un altro attacco di fuoco; sacrificando il suo scudo si era gettato sulla fanciulla ed era riuscito a prenderla per il collo. Il soldato stringeva, l'Elfa si piegò sulle ginocchia gemendo. Nello stesso istante anche il cavaliere-mosca barcollò e cadde a terra. L'incantesimo perdeva efficacia.
- Puttana! - sibilò Torylo - Adesso muori!
Fu l'ultima cosa che disse, dato che un attimo dopo qualcosa lo colpì alla nuca con violenza inaudita, facendolo crollare a terra come un sacco di patate.
La donna, liberata dalla stretta dell'uomo, si ritrovò a fissare con occhi stupiti il suo inatteso salvatore. Fermo di fronte a lei, con la spada ancora levata in alto, Balthasar sospirò, per poi farle l'occhiolino.
- Dovrò inventarmi qualcosa di davvero originale, questa volta. -
L'elfa, alzatasi in piedi, gli sorrise.
- Non sei esattamente un soldato modello, vero? - mormorò.
- E tu non sei esattamente una giovane indifesa. Facciamo una bella coppia io e te, no?
L'espressione di lei tornò ad un certo sospetto, e già alzava una mano in aria, ma Balthasar si affrettò ad indietreggiare.
- Ehi, rilassati, scherzavo. Per stanotte avrò abbastanza problemi. Su, vola via prima che questi due si riprendano. - Lei restò ferma per un po', incerta. Poi si voltò.
- Grazie, soldato – disse semplicemente, sparendo di nuovo nel buio da dove era venuta.
- Nemmeno un bacio. Ecco che ci guadagno a fare l'eroe – si disse Balthasar con amarezza, scuotendo la testa. Quindi si stese a terra e chiuse gli occhi, iniziando a ragionare su quale favola avrebbe raccontato ai suoi compagni una volta rinvenuti. Non gli sarebbe certo venuto difficile. Sbadigliando, pensò che in fondo quella notte gli era andata bene: con la scusa di fingersi svenuto, si era guadagnato qualche minuto di sonno meritato.
La vita della Guardia Cittadina, imprevisti a parte, non era poi così male.
Le avventure di Balthasar continuano su: http://wizardsandblackholes.it/?q=storiadiunoscorpione
(1) Formula magica in Esperanto. Significa: «Cambia forma in guerriero.»
Fuga dal Paradiso
di Luca Pappalardo
- Ovviamente ho dovuto rifiutare, quello che faccio ora è troppo importante – per il mondo, intendo, in una visione globale – per poter smettere. Per non parlare della povera Keria! Non oso immaginare cosa farebbe senza di me.
L'uomo che aveva parlato si rigirò sul triclino, afferrando la coppa in bronzo posata in terra accanto a lui e scolandosi con un risucchio non esattamente delicato l'ultimo sorso di quello che doveva essere un vino decisamente buono. Almeno, rifletté lui, stando a quanto lo aveva pagato.
Il prezzo era peraltro l'unico indicatore che l'uomo aveva per misurare la qualità del vino che beveva, essendo del tutto ignorante in materia. Cosa che non gli impediva comunque di bere vini estremamente costosi, quando le sue tasche o l'ingenuità di chi aveva davanti glielo permettevano.
Accanto a lui una donna dalla pelle scura gli passò le unghie sulle schiena, avvinghiandosi con il corpo nudo al suo.
- Quindi, ricapitolando: dopo aver esorcizzato una manifestazione del Nemico che stava attentando alla vita del Triumviro, ti è stato offerto un posto nella cerchia più stretta dei collaboratori del Regno (cerchia della quale non puoi dirmi nulla per questioni di segretezza).
- Esattamente.
- E tu l'hai rifiutato per poterti continuare a scopare l'elfetta che ti fa da segretaria.
Scoppiarono entrambi a ridere, rotolando giù dal Triclino sul morbido tappeto in pelle di tigre.
- Mia cara Lethe, sei più tagliente di un foglio di carta maledetto da uno stregone frustrato - disse l'uomo, alzandosi e dirigendosi con passo barcollante verso una credenza. Era decisamente ubriaco, ma la caraffa ricolma di vino che gli stava davanti mormorava una promessa troppo invitante per potervi resistere.
Mentre beveva direttamente dalla brocca si rimirò allo specchio, compiaciuto di ciò che vedeva: ok, un filo di pancia c'era, ma era la prova del fatto che sapeva approcciare la vita dalla giusta angolazione. Per il resto, i muscoli erano pochi e magri ma definiti e tesi a sufficienza da essergli utili (e a breve avrebbe scoperto quanto gli sarebbero serviti).
Dopo essersi bevuto gran parte del vino si pulì la bocca con un mormorio soddisfatto. Una parte della sua mente, quella più ubriaca, apprezzò la rinnovata carica di euforia che già gli appannava il cervello; una seconda parte della sua mente, su un binario parallelo, calcolò che quella brocca era l'ultima che avrebbe potuto permettersi. E la Donna Scarlatta, la maîtresse del luogo in cui si trovava, non apparteneva alla categoria dei facilmente imbrogliabili. Al Paradiso le promesse erano apprezzate quanto un eunuco.
Una terza parte della sua mente si collegò per puro caso alle orecchie, quindi – perplessa – si consultò con le altre due per un parere su ciò che aveva udito. Al termine di quella riunione l'immaginaria trinità venne ricondotta ad un unicuum, che costrinse l'uomo a prendere consapevolezza dei suoni che provenivano dal piano inferiore.
- BALTHASAR! MALEDETTO FIGLIO DI PUTTANA, VIENI FUORI!
Sentì la donna dietro di lui muoversi: si voltò e con un gesto fluido afferrò i pantaloni che lei gli aveva gettato.
- Di chi si tratta, questa volta? - disse lei con un tono di finto rimprovero da cui trapelava un evidente divertimento.
- Sicuramente un increscioso caso di omonimia, o forse qualche povero contadino sotto gli effetti di un Incantesimo Ammaliante: i malvagi che mi odiano sono così tanti!
- A giudicare dal timbro della voce è un Orco, e pure parecchio incazzato.
Infilatosi i pantaloni, Balthasar scattò in avanti e le scoccò un bacio, per poi fiondarsi alla finestra ed aprirla.
- Motivo di più perché tu ti metta in un angolo e ti nasconda, magari sotto un bel lenzuolo.
La donna sbuffò, estraendo da dietro al letto due lunghi pugnali dal manico in avorio. Balthasar non sapeva quanto sapesse usarli, ma qualcosa nel sorriso di lei gli suggerì di rivedere le sue valutazioni.
- Tranquillo eroe, preoccupati di andare. Tanto cerca te, vedrai che non dovrò nemmeno usarli.
- Sei una donna fantastica, Lethe - disse solennemente Balthasar, salendo sul bordo della finestra. Sotto di lui, almeno tre metri di caduta libera: nulla di paragonabile ad un Orco violento.
- Balthasar?
- Si cara? - fece lui voltandosi. La punta di uno dei pugnali era a pochi centimetri dalla sua faccia.
- Non hai pagato.
In quel momento la porta alle loro spalle decise di trascendere la materia, o meglio: fu disintegrata dalla spallata di quello che sembrava essere un armadio verde, zannuto e decisamente di pessimo umore. Sufficientemente scenico da distrarre la donna per un attimo, e a Balthasar tanto bastava: uno scatto in avanti, e sparì oltre la finestra. Alle sue spalle, l'ululare feroce dell'Orco si mescolò alle parole della donna (nelle quali però fu certo di udire un "Buona fortuna, idiota").
Le avventure di Balthasar continuano in Storia di uno Scorpione.