La Porta

Silenzio Innaturale

di Aurora Torchia

L'enorme sala sotterranea era immersa in un silenzio innaturale.
  Nemmeno una stella brillava nel cielo quella notte, e il buio era quindi libero di conquistare ogni angolo di quel luogo sprofondato nella terra. Ogni angolo tranne uno. Per quanto le tenebre fossero profonde, infatti, sembravano incapaci di sopraffare un singolo – e all'apparenza insignificante – essere umano: la veste candida che lo avvolgeva era uno squarcio nel cuore stesso della notte.
   – Mi dispiace, Kyry.
   Era stato poco più di un sussurro, ma rimbombò lungo le pareti di pietra e sabbia con la forza di un tuono.
– Avrei voluto ci fosse stato tempo per prepararti. – Mormorò ancora la figura in bianco, con voce stanca. – Non doveva succedere così presto. –
   Si passò una mano tremante fra le ciocche spettinate. Non osava alzare lo sguardo sulla sua accompagnatrice: non sarebbe stato in grado di sopportare i suoi grandi occhi spaventati fissi su di lui. Non in quel momento.
   – Non preoccuparti per me, Ran. – Gli rispose una voce sottile. – Va tutto bene. –
   “Non va tutto bene” pensò il ragazzo, rifiutandosi ancora di guardarla.
   – Non dovremmo... spostarli? – 
   Questa volta, Ran non ebbe altra scelta se non alzare lo sguardo.
   La grande sala era completamente sepolta nella neve, che nascondeva come un pietoso sudario la tragedia che si era consumata lì dentro. Due corpi umani giacevano semisepolti, l'uno accanto all'altro, con le mani protese in un ultimo, vano tentativo di toccarsi. A pochi metri, una lancia coperta di brina era a malapena visibile nel buio: se ne stava lì, leggermente piegata in direzione dei due cadaveri come una silenziosa e triste sentinella.
   – Li sposteremo più tardi. Dobbiamo aspettare che la neve si sciolga. – Spiegò il ragazzo, avanzando verso la compagna.
   L'attacco era avvenuto nel cuore della notte, costringendolo a precipitarsi laggiù senza avere nemmeno il tempo di vestirsi. I suoi piedi nudi affondavano nella neve soffice, eppure non avvertiva alcun freddo: si chiese se fosse per la stanchezza, per lo shock, o perché quella era la sua neve. Scosse il capo. In fondo, non aveva nessuna importanza. La cosa importante era solo che fosse riuscito a congelare la sala prima che i mostri avessero l'opportunità di penetrare nella torre.
   Davanti a lui, a pochi metri, Kyry lo stava osservando. Al contrario di Ran, la ragazza era indistinguibile nelle tenebre: la sua veste bianca non spezzava il nero intorno a lei, ma lo assorbiva facendolo proprio, mentre la sua lunga chioma scura sembrava fatta della materia stessa della notte. L'unica caratteristica distinguibile con chiarezza erano i suoi occhi, di un nero che faceva impallidire persino il buio. Non per la prima volta, Ran pensò che fosse troppo giovane, troppo innocente per trovarsi in quel luogo. La vita, però, non era giusta, come ricordò subito a sé stesso.
   Specialmente la vita dei maghi.
   – Appena il mio incantesimo avrà perso la sua efficacia, porterò via questi poveracci.
   Fece un gesto vago in direzione dei due cadaveri.
– Tu puoi pure tornare dentro, al caldo: ci penserò io. –
   Kyry lo fissò a lungo, poi si sedette con calma in mezzo alla neve.
– No. Rimarrò con te. –
   Ran fece per protestare, ma si trattenne. La verità era che non voleva rimanere in quella stanza da solo ed era ben contento che la sua compagna decidesse di aspettare con lui.
   “Che vigliacco!” Pensò, disgustato da sé stesso.
  – Dove li metteremo? – Stava intanto chiedendo la ragazza. – Non possiamo uscire a seppellirli. -
   Ran rabbrividì: ecco la domanda che temeva.
   No, non potevano uscire. E naturalmente non li potevano lasciare a marcire in quel luogo: per quanto infatti la sala avesse l'aspetto di un mausoleo, presto sarebbe stato giorno, e il caldo del deserto li avrebbe fatti marcire. C'era un unico posto in tutta la torre in cui si potevano gettare i morti. A quel pensiero, Ran rabbrividì ancora.
   – Allora? – Insistette Kyry, in tono più gentile.
   Ran non rispose. Si voltò alla loro destra, puntando lo sguardo in modo significativo in direzione del punto più nero della sala, quello in cui tutte le tenebre del mondo sembravano concentrarsi: era da quando aveva messo piede nel sotterraneo che evitava di guardare in quella direzione, ma ora non poteva più farlo. Lì si trovava ciò che aveva condotto quei disgraziati alla morte, nonché la cosa che Ran temeva di più al mondo.
   Percepì lo sgomento di Kyry senza bisogno di guardarla.
   – Stai dicendo... che tutte le guardie morte... –
   – Non è ironico? – La interruppe il ragazzo. – Loro li uccidono, e poi forniscono anche la cerimonia funebre. –
   Si affrettò a distogliere lo sguardo da quel buio senza fine.
   – Sempre che nel mondo delle Ombre esista qualcosa del genere. – 
  Kyry non disse più una parola. Scivolò senza far rumore accanto all'amico, quasi tentasse con la sua presenza di infondergli coraggio.
   Insieme i due maghi guardarono ancora una volta verso il lato più buio della sala. Non vedevano nulla, ma non ne avevano bisogno: conoscevano già cosa si celava dietro le tenebre. Tutti i maghi lo conoscevano.
   La Porta.
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