Quel che resta di niente

La Ricerca

di Fabrizio Fangareggi

All'interno del tempio in rovina soffiò una brezza calda e il giovane Sch'aman trasalì quando un fascio di luce sbucò dal tetto diroccato, colpendolo sul viso. Era strano sentire la pelle bruciare, quasi innaturale.
Curioso e intimorito al tempo stesso lasciò vagare lo sguardo oltre le colonne tortili e i marmi bianchi che ricoprivano gran parte della struttura abbandonata.
Su una lastra spezzata, così lucente da sembrare uno specchio, individuò il suo riflesso distorto.
Rimase a fissarlo, inquieto.
"Non perdere tempo” lo rimproverò l’anziano. "Siamo qui per raggiungere il fulcro del potere. Per impossessarcene".
Il giovane rimase a fissare il volto tirato e rugoso dell’uomo, poi si voltò indietro a guardare la mezza dozzina di guardie che li accompagnavano avanzare guardinghe dentro al tempio; sotto il paludamento chiaro s'intravedeva lo scintillio dell'acciaio, ma i volti intimoriti, i passi incerti e le mani che sudavano sulle impugnature di spade e asce erano un chiaro segno del loro stato d'animo.
Anche il giovane aveva paura, perché prima di allora non aveva mai lasciato le Lande di Ghiaccio per penetrare oltre la Frontiera.
E se nella terra di nessuno il caldo è già così pungente, chissà come sarebbe entrare nelle Lande di Fuoco? si chiese sconcertato. E la luce era già talmente intensa da non riuscire a tenere gli occhi aperti.
Si sentì strattonare e tornò al presente.
L'anziano lo fulminò severo con quei suoi occhi chiari e slavati.
"A chi apparteneva questo tempio?" chiese il giovane Sch’aman curioso.
"Non ha importanza! Concentrati, cerca la fonte di energia geomagica".
"Non temi di mancare di rispetto a un Dio?" ribatté impertinente.
"Siamo noi i nuovi dèi" rispose l’anziano con orgoglio.
"Laggiù"indicò il giovane indicando un altare di malachite spezzato in due.
Era sempre stato bravo a captare l'energia geomagica, la sentiva fluire in lui, gorgogliare come se il sangue nelle sue vene ne fosse attratto.
L'anziano avanzò deciso verso l'altare e quando lui lo seguì, vide che sotto l'altare spezzato vi era un grosso foro e la malachite in parte fusa vi colava dentro.
"Ci hanno preceduti..." brontolò l'anziano.
In quel momento il cielo si riempì di stridii e uno stormo di uccelli bianchi dal becco lungo volteggiò sopra le rovine del tempio.
Dal foro sotto l'altare qualcosa schizzò fuori a gran velocità.
Il giovane Sch'aman vide l’anziano rovinare a terra, il viso rigato di sangue.
In meno di un batter di ciglia, gli uccelli virarono e si gettarono in picchiata sulle rovine.
Si abbatterono sulle guardie colte alla sprovvista e iniziò una furiosa e impari lotta: nonostante l'addestramento i soldati non erano abituati a combattere contro un nemico giunto dal cielo.
Il giovane vide alcuni uccelli straziare il volto di una delle guardie, mentre un altro armigero cadde a terra nel suo stesso sangue, con i bulbi oculari strappati dalle orbite.
Quando tornò a fissare l'anziano lo vide rantolare e poi individuò ciò che era uscito dal foro scuro e impallidì: non si trattava di un uccello come gli altri, bensì di una creatura mostruosa dal corpo di un volatile e dal viso di donna; dal petto pennuto spuntavano due seni avvizziti e gli occhi erano fessure strette con pupille rosse.
Un'Arpia, considerò alla vista di quella mostruosità. Una creatura fatata...
Sapeva bene che non tutte erano pacifiche, anche se tutte erano fonte d'incredibile potere, e alcune di loro si nutrivano dell'energia geomagica.
Comprese che era giunta la sua occasione!
Mentre le grida delle guardie unite al clangore dell'acciaio e allo stridio degli uccelli creavano una cacofonia agghiacciante intorno a lui, cercò di non farsi prendere dal panico.
Alzò le braccia, aprendo le falde del suo mantello come ali di un corvo, e attinse a tutta l’energia che percepiva al di sotto del foro scuro.
L'Arpia tornò alla carica e quando lo attaccò venne respinta da una folata di vento sprigionata dalle braccia spalancate del giovane, il quale fu subito però costretto ad abbassarsi al sopraggiungere di un paio di uccelli dal becco lungo che per poco non gli mozzarono un orecchio. Sentì l'energia geomagica raggiungerlo, scorrergli nelle vene; poi la percepì uscire e, seppur invisibile, la cavalcò.
Dalle dita si sprigionarono folgori azzurre che incenerirono i due uccellacci.
Quando l’uomo anziano cercò di rialzarsi l'Arpia volteggiò su di lui e con gli artigli gli strappò vesti e carni dalla schiena. Furiosa si avventò di nuovo sul giovane, il quale rimase in piedi ad attenderla: prima che lo raggiungesse la investì con un'onda cinetica di tale forza da farla schiantare contro il muro.
E tra le dita si ritrovò vittorioso una piuma come trofeo.
Mentre con la coda dell'occhio vide le ultime guardie morire, si scagliò contro l'Arpia e, afferratela per il collo, le sbatté con violenza la testa contro il marmo lucente, chiazzandolo di sangue. Immerse la piuma nel liquido caldo e con un gesto di stizza ributtò il corpo morente dell'Arpia nel buio che l'aveva partorita.
Si girò per fronteggiare gli uccelli dal becco lungo ma con sorpresa li vide volare via.
"Ben fatto..." bofonchiò l'anziano mentre tentava a fatica di rimettersi in piedi.
Ma il giovane lo schiacciò al suolo con lo stivale. Immerse la piuma anche nel suo sangue e con un calcio fece ruzzolare anche lui nel buco nero sotto l'altare spezzato.
Il grido prolungato nella caduta rimosse ogni residuo di paura dal cuore dello Sch’aman.
Fu allora che colse davvero, per la prima volta, il potere accrescere in lui, corroborato dalla creatura fatata e dall'energia geomagica che ribolliva nelle profondità della terra.
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