Il monile

di Irene Grazzini

L’uomo sedeva sulla prua della nave, la barba grigia intrisa di salsedine e lo sguardo fisso sull’orizzonte sempre uguale a se stesso.
Sempre desolatamente vuoto.
“Non sarei dovuto partire di nuovo” si disse.
Ma l’aveva fatto. A nulla erano valse le preghiere di sua moglie, che l’aveva aspettato a lungo ma che non poteva più dividerlo con il mare. A nulla erano valse le minacce del figlio, che già era cresciuto senza padre per colpa prima di una guerra senza senso e poi della punizione degli dèi, e ora si ritrovava di nuovo solo nel momento di diventare padre a sua volta.
L’uomo sospirò. Aveva lasciato indietro tutti quelli che amava. Per cosa, poi? Forse anche quella era una maledizione divina, oppure parte di un disegno più grande che lui però non riusciva a scorgere.
La vela pendeva floscia lungo l’albero maestro. Da giorni non c’era un filo di vento. Forse invece si trattava di settimane o mesi. Aveva perso la cognizione del tempo e dello spazio, in quel viaggio verso occidente che gli era costato tutto. I suoi uomini si muovevano stancamente sulla tolda, le mani scorticate dai remi che si erano dimostrati inutili. Le scorte di acqua stavano per finire, e allora sarebbe finito tutto.
L’uomo strinse il monile che gli pendeva dal collo. Era incredibilmente leggero, sebbene sembrasse d’oro massiccio, e rappresentava una figura femminile, munita di elmo con cimiero e di lancia nella mano destra.
“È questo che mi hai promesso, dea?” domandò l’uomo, avvertendo una scintilla dell’antica rabbia, dell’antica forza. “È questo che mi aspetta, dopo le mie imprese? A causa mia una delle più grandi città del mondo è caduta. Non ti chiedo di non morire, so che è giunta la mia ora, ma almeno vorrei morire come ho vissuto”.
Fu quindi con folle gioia che accolse la burrasca. Osservò le nubi nere avvicinarsi, assaporò il vento che si alzava e gli sputava in faccia le onde, rise quando la sua nave scricchiolò imbarcando acqua, perché all’orizzonte rischiarato dai lampi vide una terra antica e sconosciuta, e seppe di essere arrivato più lontano di quanto avesse sperato.

Così si perse ogni notizia di Odisseo, colui che portò alla rovina di Troia.
Il piccolo monile che portava al collo, simulacro di Pallade Atena proveniente da quella città lontana, però, fu portato a riva dalle onde, pronto a causare la distruzione di un’altra grande città...
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