Layra, richiesta di aiuto

di Aurora Torchia

- Di tutte le stupide idee che hai avuto nella tua vita - sentenziò la cyborg - questa è di gran lunga la più stupida.
Layra la ignorò: una tattica in parte voluta e in parte imposta dalle tante, troppe, orecchie indiscrete.
Peccato solo che la paura di essere ascoltata non avesse mai impedito alla sua compagna di dire sempre quello che le passava per la testa.
- Giuro che se rivedo quel tizio lo getto nel vuoto siderale - riprese infatti Black, incurante del suo silenzio.
Layra affrettò il passo, le mani strettamente attaccate al berretto della sua uniforme: era terrorizzata all'idea che le volasse via, rivelando i ben poco professionali capelli multicolore.
L'ascensore era a ormai pochi passi da loro. Solo un altro piccolo sforzo e...
- Ma mi stai ascoltando?!
La ragazza balzò dentro la capsula di plastica ultra resistente, trascinandosi dietro la cyborg con uno strattone.
 - Si, si, ti sento, Black! - Esplose, non appena la porta si fu chiusa dietro di loro. - Sarebbe impossibile non sentirti!
 - Non gesticolare - la avvertì con voce pacata - ci sono due operai della manutenzione che ci stanno salutando.
Layra si girò su sé stessa come una trottola, il suo migliore sorriso di circostanza già stampato sulle labbra.
Lei e Black rimasero in silenzio per qualche istante, le mani alzate a salutare gli operai attraverso le pareti trasparenti del lento ascensore: sembravano i manichini automatici che accoglievano la gente all'entrata dei negozi.
- È una pessima idea ti dico - ribadì Black non appena furono scese di un piano. - e siamo ancora in tempo per andarcene - aggiunse.
- Ci serve una nave per andarcene - le ricordò l'altra, per la centesima volta.
Black sbuffò.
- Avremmo la nostra di nave, se quel bastardo non ci avesse rubato tutto, piantandoci in asso in questa città.
-Era sommerso di debiti - cercò debolmente di giustificarlo Layra - ci renderà la nave appena potrà.
- Naturalmente. Come ha fatto il tuo ex con il diamante del Nilo, giusto? Sto ancora aspettando di vedere il nostro 70%. Sto ancora aspettando di vedere una qualunque percentuale, in effetti.
Layra divenne paonazza.
- John non è come il mio ex! E poi - aggiunse, guardando la cyborg speranzosa, - ci ha lasciato queste divise per infiltrarci, no?
Si sistemò la giacca, lo sguardo trasognato.
- Non è poi un cattivo diavolo, quel John!
Black scosse la testa e le lanciò un'occhiata carica di significato.
- Ce le ha lasciate perché non gli entravano.
A questo la donna non sapeva proprio cosa rispondere, quindi scelse un – almeno sperava – dignitoso silenzio. John non sarebbe mai tornato con la loro nave: questo lo sapeva anche lei. Tuttavia, si rifiutava di ammettere che, per l'ennesima volta, Black aveva avuto ragione su una sua fiamma.
- Ci siamo - si limitò ad annunciare, gli occhi ora fissi sulle porte di plastica che si stavano aprendo senza il minimo rumore.
Fino a ora il tesserino identificativo trovato sulle divise aveva funzionato, e le due erano riuscite facilmente a ottenere di poter scendere fino al deposito navicelle dell'enorme villa: si erano inventate un controllo di routine e tutto era filato liscio. Ora si trovavano nel quartiere abitativo, nel mezzo del palazzo: sarebbe stato sufficiente raggiungere l'ascensore dall'altra parte del lungo corridoio bianco per scendere e prendere una nave, giusto il tempo di un giro di controllo, naturalmente! Per quando si fossero finalmente accorti che lei e Black non erano chi dicevano di essere, sarebbero state ormai irrintracciabili.
Tutto, per una volta, stava andando per il verso giusto.
Layra si mise quasi a fischiettare mentre percorreva l'ultimo tratto di strada verso la libertà: non ricordava, infatti, l'ultima volta che un lavoro fosse finito senza intoppi.
Poi una porta davanti a loro si aprì, seguita da un tonfo sordo.
Black saltò di lato, mentre la compagna posava con disinvoltura la mano sulla fondina per la pistola di ordinanza: non che ne possedesse una, ma chiunque stesse per uscire da quella stanza non poteva saperlo.
Passarono alcuni secondi senza che accadesse nulla.
Le due ladre fecero quindi qualche passo guardingo in avanti, per poi sbirciare oltre la porta spalancata.
L'uomo più bello che entrambe avessero mai visto giaceva a terra, piegato su sé stesso come una marionetta gettata in un angolo. I fili di questo pupazzo erano però fatti di metallo trasparente, e trasportavano chissà quale liquido da un enorme macchinario appeso al soffitto fin dentro le vene dell'uomo. Lo sconosciuto era per di più incatenato mani e piedi, anche se pareva talmente debole da non riuscire nemmeno ad alzare la testa. In un primo momento pensarono di essere capitate in qualche laboratorio, ma l'arredamento sontuoso della stanza pareva invece suggerire che si trovassero nella stanza privata di un membro della nobiltà.
Lo sconosciuto sollevò lo sguardo sulle due intruse, per poi fissare dritto negli occhi Layra.
 - Mi chiamo Antonius – mormorò - ti prego. Portami... via di qui.
Allungò debolmente una mano verso di lei, facendo cigolare le catene con un suono cupo.
- Ti prego.
Black scosse la testa, rassegnata.
Erano fregate. Un'altra volta.
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