Il tramonto infiammava il cielo

di Serena Artuso

Il tramonto infiammava il cielo, il sole calava delicatamente sull'acqua e, d'improvviso, esplodeva in migliaia colori, rispecchiandosi mille e mille volte sulle centinaia di canali che amplificavano il suo calore all'infinito.

Damien osservava il panorama davanti a sé con un misto di tristezza ed estasi: quello era il momento in cui normalmente sarebbe corso a casa, a cercare di fermare quell'istante incantato in una delle sue tele; in quel dipinto non sarebbe mai calata la notte, il buio sarebbe rimasto ai margini, sconfitto da un sole rosso, arancione ed indaco. Ma la vita non era così.

Margot camminava tra le vie della città nel silenzio: la sera era serena e quieta, le case erano affollate da famiglie finalmente riunite e nessuno aveva paura del buio, perché tutti erano in compagnia dei propri cari e nessuno, in quel mondo idilliaco, conosceva la solitudine; non avevano idea di quanto fossero fortunati. La catenina che portava al collo oscillava ad ogni suo passo e lei non poteva fare a meno di accarezzare la chiave che vi era appesa; era diventato un gesto automatico, iniziato per caso nel momento in cui il legame era stato sancito e lei aveva fissato gli occhi di Damien, spaventati ma, nel profondo, coraggiosi.

Il ragazzo la vide arrivare, riconoscendo il suo avanzare silenzioso, l'eleganza dei suoi movimenti, l'attenzione dei suoi occhi e la tensione dei suoi muscoli, pronti all'azione. Quando gli fu vicino, lei gli fece semplicemente cenno di seguirla, non c'era nessun incoraggiamento nella sua voce, al punto che Damien, per un momento, pensò che la compassione, che gli aveva in precedenza dimostrato, fosse semplicemente frutto della sua immaginazione, o di un sogno fin troppo vivido e spaventoso.

La casa di Margot era pulita e fredda, non vi era nulla al di fuori dell'essenziale e per un momento Damien sorrise, pensando al caos del suo studio, a quello che lui definiva un “ordinato disordine”, fatto di tele, pennelli e colori.

Camminò lentamente, guardandosi intorno, fino a che non arrivò ad una grande portafinestra che si affacciava su una piccola ed elegante terrazza; tuttavia essa era chiusa e coperta da un tendaggio nero, come ogni altra cosa nella vita di Margot e di quelli come lei. Lui scostò delicatamente il pesante pezzo di stoffa ed un lieve chiarore illuminò la stanza buia. Si voltò e fu trafitto dalla figura di Margot al centro della stanza, illuminata solamente dalla luna argentata e dalla luce quieta e dorata dei lampioni, che filtravano attraverso il vetro coperto di opacità di quella finestra troppo a lungo lasciata chiusa. I suoi vestiti erano aderenti e pesanti, tessuti per proteggerla e nasconderla, per permetterle agilità nei movimenti e sicurezza nei combattimenti; la sua pelle era pallida, quasi soprannaturale e, osservandone il chiarore, il ragazzo non poteva fare a meno di pensare alla storia della donna, alle distese di fiori bianchi di cui lei gli aveva raccontato, da cui le aveva detto di prendere il nome: un perenne ricordo di un luogo che la sua gente aveva a lungo sognato.

I loro sguardi erano fissi l'uno nell'altro e la stanza era immersa nel silenzio: Damien, per la prima volta, aveva paura della notte e della morte; Margot era sempre sopravvissuta nel limbo e, per la prima volta, non desiderava niente altro che vivere.

Damien scostò del tutto la tenda, facendo esplodere un lieve chiarore nella stanza; Margot mantenne gli occhi su di lui mentre si toglieva i vestiti. Il ragazzo le si avvicinò, le scostò i capelli dal viso, girò intorno a lei ed accarezzò, con la punta delle dita, la pelle leggermente indurita delle cicatrici che le attraversavano la schiena: due linee verticali all'altezza delle scapole, due piccole imperfezioni che non sminuivano affatto la bellezza della ragazza, anzi la esaltavano. Lei lo prese per mano e lo condusse sul letto.

La notte era calata, la sera era scomparsa, con un po' di fortuna l'indomani avrebbero visto l'alba sorgere di nuovo; tuttavia non importava: ogni cosa, ogni progetto, ogni pensiero aveva perso il suo significato e seppero che nella loro vita nulla sarebbe stato altrettanto bello, altrettanto vero, altrettanto puro come quel momento in cui le loro anime si incontravano, si abbracciavano e si univano.

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