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Tecnologia

di Teresa Regna

Asth non era il suo nome. Era una nano, uno dei più piccoli e brutti, eppure un combattente eccezionale. Perciò lo chiamavano Asth, l’uccisore. Tutti lo rispettavano, ad Ais Cipen.
Da quando era arrivato in quel posto chiamato Roma, però, qualcosa gli rodeva il cervello. Amava combattere, esibiva con fierezza le cicatrici che costellavano il suo piccolo, massiccio corpo, e non gli importava che i Leuchme fossero tenuti in maggiore considerazione solo perché possedevano la magia.
Asth il guerriero, con la magia nelle braccia robuste, capace di far fuori due nemici in un battito di ciglia con la sua ascia, era diventato curioso. I draghi non lo impressionavano affatto: non avevano nessun merito per essere nati enormi, resistenti e sputafuoco.
Quanto alla magia dei suoi concittadini, rispettava chi la possedeva, ma la considerava un’arma come le altre. Quella dei terrestri, invece, lo impressionava.
Non aveva niente da fare, perciò decise di andare a chiedere spiegazioni alla donna che il figlio del Comandante aveva portato all’accampamento. Aveva uno strano oggetto che scriveva quello che gli abitanti di Ais Cipen dicevano, o qualcosa del genere.
Mentre si avvicinava alla tenda della donna, sostenne impassibile lo sguardo incuriosito di Boren, che camminava dalla parte opposta.
– Buona sera, romana – la salutò. O almeno fu quello che Marta capì.
Gli rispose con un elegante cenno del capo. – Vuoi parlarmi?
– Proprio così. Si sentiva un po’ in imbarazzo, di fronte a una donna. Non aveva mai preso moglie: Asth il combattente era timido con le donne, di tutte le razze. Però la curiosità era più forte della timidezza. – Voglio sapere qualcosa sulla magia dei terrestri.  
– I terrestri non hanno la magia, ma la tecnologia – lo corresse Marta.
– Ho visto cose che mi hanno sconvolto. Macchine volanti senza ali e senza muso, che sputano fuoco, palline che fanno uscire un fumo pericoloso, soldati che sembrano insetti enormi. Non è magia quella?
– Ripeto: è tecnologia. Marta sorrise, guardandolo come se le fosse simpatico.  
– I nani non sono proprio intelligenti – si scusò Asth. – Tecnologia, allora. E che significa?
– Che sono macchine da combattimento costruite in una fabbrica e usate dai soldati.
Asth si illuminò. – Come la mia ascia? L’ha costruita mio padre, e appena sono entrato nell’esercito me l’ha regalata.
– Ecco, appunto – lo blandì Marta.
Asth la ringraziò educatamente. Mentre tornava alla tenda che divideva con gli altri nani, continuava a ripetere tra sé – Tecnologia…
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Figlia delle ombre

di Laura Silvestri

Karga sorrideva appena, mentre le dita muovevano con agilità i fili nel telaio, e cantava fra sé e sé, con un filo di voce, una vecchia ninna nanna. Aveva bisogno di fare pratica, del resto: il ventre teso e gonfio, che le rendeva difficile piegarsi troppo a valutare la bontà dell’ordito, le diceva che non mancava molto alla nascita di sua figlia. Sarebbe stata una bambina, questo già lo sapeva, come pure sapeva molte altre cose della piccola che presto avrebbe stretto fra le braccia: che non sarebbe stata del tutto umana, e che, crescendo, avrebbe scoperto di possedere talenti come le altre donne avrebbero potuto soltanto invidiarle. Le era costata cara, quella figlia. Per averla, aveva sacrificato più di quanto donna avesse mai fatto pur di avere un bambino da stringere al seno, ma Karga non era pentita. L’ordine di sacerdotesse delle quale faceva parte stava ormai declinando. I loro numeri erano sempre più esigui, e le giovani fanciulle che desideravano far parte della Sorellanza di Torosian ogni anno più rare. L’Ordine aveva bisogno di nuove forze, per portare avanti la propria crociata… e Karga non si era tirata indietro. Era passata poco più di una luna da quando aveva chiamato a sé l’essere il cui nome faticava ancora a pronunciare. L’aveva evocato con fumi sacri d’incenso e simboli arcani, aveva cantilenato all’inverso la litania che le sue Consorelle usavano per esorcizzare e scacciare creature di quella fatta, e gli aveva comandato di ascoltarla. L’entità non si era mostrata, se non come un’ombra vaga, più densa e più nera di tutte le altre che le alte candele rosse avevano dipinto nella stanza dell’incantamento, e Karga sapeva che era stato meglio così: donne più forti di lei avevano perso la ragione per aver guardato  negli occhi un simile orrore.
Quando, parlando alla sua mente, la creatura le aveva domandato perché l’avesse convocata, facendole correre un brivido animale lungo la schiena, Karga aveva risposto senza esitare. – Voglio una figlia.
– Puoi averla da qualsiasi uomo tu incontri per strada. – l’essere aveva sussurrato ancora, il suo scherno duro e agghiacciante come il suono di uno specchio infranto. Ma lei non aveva desistito.
– No. Non posso. – aveva ribattuto. – Non come la desidero io. Voglio una figlia che possa succedermi, e il cui sangue possa renderla incline alla Via Arcana. E che sia forte, e capace di portare avanti l’Ordine.
Per un istante, le ombre nere e liquide che Karga si sforzava di guardare con la sola coda dell’occhio avevano tremato. – Ti rendi conto che mi stai chiedendo di darti qualcosa che col tempo sarà nemica della mia genia? Hai idea di quanto potrà costarti l’esaudirsi di una simile richiesta? – la voce aveva sibilato ancora, sottile e velenosa come quella di un serpente.
– Sono pronta a pagarlo. – la sacerdotessa aveva risposto, col cuore che le batteva come impazzito nel petto. – Non mi importa cosa sarà di me, o della mia anima, dopo la nascita di mia figlia. Ma lei dovrà essere perfetta,  la più magnifica creatura che abbia mai indossato le insegne di Torosian. 
– Sai anche che concepirla non sarà piacevole, per te, non è vero?
Dire che non fosse stato piacevole, sarebbe stato il più lusinghiero degli eufemismi. Ma Karga aveva sopportato ogni cosa: l’orrore, il dolore, la paura. E adesso, una luna dopo, il suo ventre era pieno di quella vita che tanto a lungo aveva desiderato. Le Consorelle non avrebbero mai dovuto sapere, naturalmente. Se avessero anche soltanto immaginato in che modo lei avesse ottenuto una tale bambina, facendo un patto di sangue con uno degli esseri che l’Ordine combatteva e scacciava da secoli, non ci sarebbe stata alcuna possibilità per lei o per sua figlia di rimanere fra le schiere delle Sacerdotesse, e a quel punto ogni cosa sarebbe stata vana. Ma l’accordo con la creatura prevedeva che sua figlia apparisse in tutto e per tutto una bambina umana, impossibile da identificare nella propria diversità anche alla più esperta delle matrone. Karga era stata lontana dal tempio per già due lune, e vi sarebbe rimasta ancora a lungo, fintanto che non le fosse stato possibile giustificare il ritorno con la sua bambina secondo tempi che suonassero concordi ai ritmi della natura. Intanto, la piccola continuava a scalciare, mentre sua madre tesseva per lei la prima coperta che l’avrebbe avvolta. Se l’istinto era nel giusto, come quasi sempre accadeva nelle donne nella sua condizione, non le restava che una settimana, o forse due, prima di poterla cullare contro il seno. Doveva darsi da fare. Sulla fine lana bianca, i simboli neri del sole e della luna già spiccavano. Al di sotto di essi, Karga avrebbe ricamato rune protettive che vegliassero sulla bambina fino a che non avesse raggiunto l’età adulta. Di sicuro, se qualcuna delle altre Sacerdotesse avesse potuto sapere, non avrebbe compreso. Ma non aveva importanza: lei non aveva dubbi circa il fatto che sin dall’inizio del mondo le donne custodissero segreti per un bene più grande, e lei era soltanto una madre che cercava di assicurare un futuro alla propria figlia. Quell’ennesima bambina dal padre ignoto, tuttavia, avrebbe potuto significare molto: che il Circolo di Torosian approvasse o meno, la piccola che portava in grembo avrebbe potuto fare la differenza nella guerra per la salvezza del loro mondo.

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Canto d'amore

di Laura Silvestri

Montagne Blanche
29 settembre del 24° anno prima di Mitòsis

Non mancava molto all’ora del risveglio. Questo Kerry lo sapeva dal colore che il cielo, in quella notte come tante, iniziava ad assumere, con il rosso del Sole nascente che andava a sovrapporsi alla luminescenza pallida di Speculus. Non poteva vederne che un piccolo stralcio, ma era sufficiente quella striscia di notte che si svelava dalla fessura fra i due teli della tenda che Yoxu aveva preparato per lei. Per loro. Era una tenda come quella dei loro antenati, aveva detto il ragazzo la prima volta che ce l’aveva portata, in una notte d’estate di quasi tre mesi prima. E lo era davvero, con i suoi tre lunghi pali di legno infissi nel terreno e legati assieme sulla sommità da un tendine di cavallo, e qualche telo a ricoprirli.

- Non potevo sprecare pelli di cervo per creare il nostro rifugio. Servivano alla mia famiglia. – le aveva detto stringendosi nelle spalle, con il suo sorriso onesto. – Ma spero apprezzerai ugualmente lo sforzo.

Kerry lo aveva apprezzato, quella notte e molte altre dopo di quella. Ogni volta che sgattaiolava via furtiva da casa, al villaggio, per raggiungere quella piccola tenda nascosta fra gli arbusti, dove sapeva che Yoxu l’aspettava, Kerry lo aveva apprezzato. E aveva apprezzato il calore delle braccia maschili che avevano creato quel riparo, e il profumo delle trecce di guerriero che le avevano sfiorato il seno ogni volta che sotto quei teli avevano fatto l’amore. Lo stesso profumo che in quel momento riempiva l’aria fresca del primo autunno, assieme al canto degli uccelli del mattino. Era tutto così romantico… troppo romantico. Kerry si mosse piano nell’abbraccio del suo amante, trattenendo a fatica l’impulso di lasciar correre le dita lungo il profilo marcato, e tirandosi a sedere senza indugiare. Yoxu era quasi addormentato, ma lei non poteva concedersi un simile lusso. Gli aveva dato volentieri il proprio corpo, ma da lì a fargli dono anche di una vera intimità… be’, ce ne correva.

Yoxu parve accorgersi, nel dormiveglia, del suo tentativo di fuga, e una grande mano le si posò su un fianco, mentre lei cercava di rinfilare la maglia.

- Perché per una volta non riposi un po’ accanto a me? – lo sentì dire con voce sorprendentemente netta, per un uomo da poco sveglio. Ma avrebbe dovuto aspettarselo: i guerrieri avevano il sonno leggero, sempre pronti com’erano a qualche scorreria nel cuore della notte.

La ragazza lottò per scoprirsi il volto e far scivolare il tessuto sintetico sulla pelle, e si sforzò di rivolgere al’uomo, ancora nudo e disteso in una posa serena, lo sguardo più distaccato che le riuscisse.

- Sai bene che non è opportuno. – gli rispose volgendo gli occhi altrove – Abbiamo fatto quel che ci andava, e va bene così. Tutto il resto non mi interessa.

Yoxu si tirò a sedere accanto a lei, senza lasciare la presa sul suo fianco. L’altra mano corse a volgerle di nuovo il capo, in modo che potesse guardarla negli occhi. “Oh, dannati occhi neri. – Kerry si sorprese a pensare, lottando per evitarne lo sguardo. – Perché dovete essere così…”. Non trovava mai le parole per descriverli. Non era una poetessa, dopotutto.

- Non sei la mia donna, forse? Io non sono il tuo uomo? – la voce di Yoxu era profonda, e non mascherava i suoi sentimenti – È questo che stai cercando di dirmi, che non provi niente per me?

Kerry avrebbe desiderato poter mentire, ma sapeva di non esserne in grado. Non quando lui la fissava come se sulla sua fronte corressero i soli di Clavis, e fra i suoi capelli crescessero fiori d’oleandro, splendidi e mortali. – Lo hai sempre saputo quel che penso, Yoxu, sin dalla nostra prima notte insieme. Io sono una guerriera, e voglio restare tale. Non voglio bambini, non voglio altro che combattere per la nostra gente.

- Non sono forse stato sempre attento, notte dopo notte, a non darti figli? – Yoxu le chiese senza capire. – Non ho mostrato rispetto per la tua volontà?

- Non è questo il punto. – Kerry sentì il senso di colpa risalirle nel petto come la marea. – Siamo in guerra, e c’è bisogno di bambini che un giorno prendano il nostro posto. Tu sei un guerriero rispettato. Dovresti trovarti una donna che vada bene per te.

Le labbra di Yoxu si avvicinarono alle sue, a soltanto un respiro, e a lei parve di poter sentire il cuore del suo amante battere contro il proprio. – Tu vai bene per me. – lo sentì sussurrare - Questo io lo so, e tu lo sai. E lo sanno anche le stelle, e gli alberi.

- Io non so cucinare, né lavorare le pelli. Non so danzare la danza dei campanelli, e quel che è peggio, non voglio sposarmi e darti dei figli. E tu… - la ragazza non poté trattenere ancora la carezza che fremeva sotto le sue dita, che si ritrovarono come animate di volontà propria a correre lungo la mascella squadrata di Yoxu, sulle le guance dagli zigomi netti, tra le sopracciglia folte e nere - … tu meriti tutto questo. Nelson vorrebbe che sposassi sua nipote, e tu…. – lottò per mantenere la voce salda. – …tu dovresti farlo.

- Kerry, smettila. – lui la strinse più forte fra le braccia, costringendola a sedergli in grembo. – Hai ragione, siamo in guerra. Siamo in guerra, e per quel che ne sappiamo, domani potremmo essere morti entrambi. Se non vuoi figli, lasceremo che siano gli altri ad averli. E se invece un giorno dovessi cambiare idea, mi troverai qui. – lo vide sorridere alzando le sopracciglia in un’espressione malandrina – Pronto. Ma fino a quel giorno, tu sei mia. La mia donna, la mia guerriera valorosa. È tutto qui quello che voglio, che l’Uomo di Tutti i Colori e Nessuno mi sia testimone.

Kerry non avrebbe voluto cedere tanto facilmente, ma cosa altro avrebbe potuto dire? Yoxu aveva ragione da vendere. Erano guerrieri, e la guerra era ancora lunga, e forse non avrebbero veduto una nuova luna. E a quel punto, che importanza avrebbe potuto avere se lui fosse stato il suo amante, il suo fidanzato, o il suo sposo? Quel fiero guerriero rimaneva una cosa di certo, e questo nessuno, neppure i soldati di Re Joffer avrebbero potuto cambiarlo.

Fino alla fine dei giorni, Kerry ne era sicura, Yoxu sarebbe rimasto il suo unico amore.
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Si chiamera' Yeleen

di Anna Dragone

Nonna Miezi volle prendere la parola per citare un brano di Krishnamurti in rispetto di tutti i credi e come augurio particolare alla coppia.

"Si deve essere luce a se stessi,
  tale luce è la legge.
 Non ne esiste altra.
 Ogni altra legge è costruita dal pensiero
 e come tale frammentaria e contraddittoria.
 Essere luce a se stessi non vuol dire
 seguire la luce altrui per quanto
 ragionevole, logica, storica e peraltro
 convincente essa sia.
 Non c'è "un come", nessun sistema, nessuna pratica.
 C'è solo il vedere che è fare.
 Dovete vedere non con gli occhi altrui.
 Questa luce, questa legge non è né vostra
 né di qualcun altro.
 C'è luce soltanto.
 Questo è Amore."

Gli sposi ringraziarono commossi e salirono entrambi sul mansueto lipizzano bianco per una tranquilla cavalcata in riva al mare, come era stato nei pensieri di Sam a Gwedore.
Si allontanarono un poco per poter meglio godere quell'irripetibile momento e scambiarsi un bacio appassionato, lontano da occhi indiscreti.
- È tutto come lo avevo sognato... per filo e per segno... tu e mia nonna avete organizzato l'evento in maniera eccellente! A proposito, pensavo... se tu sei d'accordo naturalmente... La nostra primogenita si chiamerà  Yeelen (La Luce) e sarà la luce dei nostri giorni!
- Bellissimo! Ma come fai ad essere sicuro che sarà femmina?
- Ho visto anche questo nei miei sogni... i sogni son desideri... e per ora si sono realizzati tutti!
Ritornarono verso gli ospiti che li reclamavano a gran voce, volsero un ultimo sguardo alle onde spumose che frangevano le rocce e al sole che languiva all'orizzonte, quasi a voler affidare alla natura il loro destino, fiduciosi nel domani.
Dall'alto di un'imprecisata montagna uno Sciamano sorrideva benevolo e soddisfatto, reggendo le vecchie braccia stanche sullo scettro-bastone, intonò un'antica cantilena per ringraziare le forze benigne dell'universo e unirsi alla gioia del suo discendente.
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Invisibile

di Anna Dragone

Camminava circospetta attenta a non provocare il benché minimo rumore.
- Devi diventare invisibile se vuoi ingannare il nemico e portare le pelle a casa!
Le parole del suo tutor le risuonavano ancora nelle orecchie forti e incontestabili.
Erano ormai ore che procedeva tra fronde, rami graffianti e terreno dissestato. La sua riserva d'acqua stava quasi terminando e si sentiva il fiato degli "altri" sul collo.
Una specie di uccello meccanico prese a volare poco distante dalla sua testa.
"Accidenti mi stanno alle costole!" imprecò la giovane sentendosi messa alle strette.
Tese l'arco e con la freccia in titanio fece un centro perfetto dritto, dritto nell'occhio del drone.
Prese allora a proseguire più velocemente, nel suo affanno non  riuscì ad evitare una radice  sporgente che la fece letteralmente volare giù per il dirupo. Rotolò su se stessa per alcuni metri scorticando tuta mimetica e pelle fino ad impattare con una sorta di montagnetta.
Si tirò su dolorante, un ginocchio ammaccato e una spalla sanguinante. Girando intorno all'ostacolo si avvide che  si trattava di una provvidenziale tana abbandonata.
I suoi inseguitori stavano per accerchiarla, mancavano poche ore al tramonto...
Le sarebbe effettivamente bastato sparire  fino a quel momento!
Con la poca acqua rimastale cominciò a creare un impasto di terra, erba e residui di escrementi animali. Non era di sicuro una maschera rigenerante quella che stava preparando ma spalmandosela addosso avrebbe ingannato il fiuto meccanico in dotazione agli "altri".
Valutò l'ampiezza della piccola caverna e con l'abilità di una  circense vi si incastrò dentro sul fondo.
Le ombre cominciavano ad avvolgere il bosco mentre bagliori rossastri filtravano dall'alto sul fogliame fitto
Chiusa come in un bozzolo nel suo rifugio avvertì passi felpati avvicinarsi.
- Maledizione è sparita! Ero sicuro di averla già in pugno! - Esclamò l'uomo i cui muscoli da culturista sembravano sul punto di far esplodere le cuciture della mimetica.
- L'abbiamo sottovalutata! Qui non c'è altro che la tana di qualche animale che non ci conviene innervosire... - Constatò l'altro continuando ad imbracciare il fucile virtuale a  lunga gittata Wi-Fi.
Un terzo uomo, di grado evidentemente superiore, sopraggiunse dichiarando la caccia terminata.
- E brava Yeelen... Anche questa volta te la sei cavata! -  Riconobbe il Tutor Major sorridendo sotto i baffi.
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